Con questo romanzo la Allende lascia la dimensione magica e favoleggiante de “La casa degli spiriti” per addentrarsi in ambiti più concreti; infatti è ambientato in Cile durante gli anni peggiori della dittatura di Pinochet e nulla è taciuto, si parla apertamente degli abusi dei militari, della corruzione dilagante e soprattutto della piaga dei desaparecidos, una delle pagine più nere del secondo novecento. Naturalmente non è solo un romanzo di denuncia: il fil rouge è l’amore tra Irene e Francisco, un amore sbocciato tra la violenza, quasi a rappresentare la speranza nel vaso di pandora degli orrori del regime; ma c’è tanto altro in quest’opera: la perdita dell’innocenza, il sacrificio, il dramma dell’esilio, e potrei continuare. E’ un libro intenso, scritto con quella poetica semplicità tipica dell’autrice, che fa si che dietro ogni parola sembrino celarsi significati nascosti. Purtroppo non sono riuscita ad entrare in empatia coi protagonisti, che mi sembrano poco caratterizzati ed un po’ troppo perfetti, quindi il mio coinvolgimento ne ha risentito parecchio. Resta comunque un libro di spessore, che riesce a combinare benissimo la tematica sociale con quella più intimistica.
Giulia Pontecorvo