Anche in questo romanzo, la Allende usa come scenario la società cilena, tormentato dalla dittatura di Pinochet, per ambientare una storia d’amore tra i due protagonisti, la giornalista Irene e il fotografo Francisco. Ma il romanzo non narra soltanto del lento scoppio di questa passione; passo dopo passo, infatti, la nascita di questo amore si intreccia con la cronaca nera, i soprusi, la dittatura e le testimonianze di uno dei regimi del terrore del secolo scorso. Tutto parte dalla vicenda di Evangelina, ragazza che ha episodi di trance, e che ha raccolto pian piano un gruppo di curiosi attorno alla sua casa a Los Ricos, compreso i militari; quando la ragazza scompare, Irene e Francisco si mettono sulle sue tracce aprendo pian piano un vaso di Pandora. E sebbene la polizia possa far uso del terrore, delle torture e perfino dell’omicidio, “Una volta dette, le parole non possono venire cancellate”. Come sempre quando si parla della Allende, ci troviamo davanti a uno stile fluido, carico di passione e significato, degna erede del realismo magico, perché un tocco di “magia” lo ritroviamo sempre nei suoi libri. Il libro, diviso in tre parti, a parere mio decolla però nella fase centrale, dando via a quella reazione a catena che nessuno dei protagonisti può fermare. La commistione tra amore e denuncia è l’incastro perfetto per questo romanzo pervaso dall’angoscia e dall’oppressione del potere militare. Come sempre, aggiungerei, la Allende non delude.

 

recensione di Luana Indelicato