Primo di una trilogia, “Cosa rimane dei nostri amori” di Olimpio Talarico, lettura avvolta nel mistero che mi ha tenuta incollata fino alla fine dello sbrogliamento della matassa… Jacopo Jaconis, voce narrante, accompagna il lettore in un intricato caso. Siamo nel 1992, a Roma nella sua città di adozione, ma il successo tanto cercato ora inizia a stancarlo. Il romanzo si alterna nel tempo, 1964 data di una tragica vicenda accaduta nella città natale di Jacopo, nel Borgo Calabrese di Caccuri, il 1988 anno in cui dopo il ritrovamento di Silvia Spadafora e l’accusa ad Amilcare padre di Jacopo, si riapre il caso che aveva sconvolto il borgo di Caccuri. La vicenda a primo sguardo sembra semplice è già risolta, ma qualcosa non torna, ne Jacopo ne un maresciallo ne sono convinti, con l’aiuto di un giovane e bizzarro avvocato, tutti a modo loro cercano di sbrogliare il caso. Amilcare ormai in carcere chiede al figlio di dare tre libri alle sue sorelle, li ci sono gli indizi che porterà alla luce la verità. Lentamente con i vari ricordi si arriva ad un finale inaspettato. Ho adorato i riferimenti alle spezie e gli odori della Calabria, ma ancora di più ai tanti classici che ho tanto amato.
Angelica