La storia di Ding Zitao, anziana donna che ha perso la memoria molti anni prima e la cui vita sembra iniziata solo nel momento in cui è stata trasferita nell’ospedale in cui lavorava suo marito Wu, è il filo conduttore di un viaggio a ritroso, attraverso flashback continui, nella storia della Cina di Mao e in quella della Cina di oggi. L’autrice, che ha conosciuto il successo grazie a Wuhan. Diari da una città chiusa (2020), affronta in questo avvincente romanzo, colpito dalla censura del suo Paese, un tema che riguarda tutti: il valore della memoria e del ricordo, il senso della storia e il peso dei legami familiari nella vita quotidiana. La vicenda di Ding, di suo figlio Qinglin, della famiglia Lu, di Piccola Tè, è la vicenda di un popolo che cerca di ritrovare le proprie radici, ma anche la vicenda personale di ognuno di noi, che, attraverso la conoscenza della propria famiglia, comprende di essere «come un’arteria collegata a un grande reticolo» che non è in grado di vedere. Attraverso il dipanarsi di un racconto doloroso che coinvolge il lettore a ogni pagina si è spinti ad approfondire aspetti non sempre noti della storia contemporanea, ma anche a riflettere su un tema che fa da sfondo alla narrazione principale: il passaggio da un rapporto ‘pre-industriale’ con la natura, in cui l’uomo era perfettamente integrato e che qui è simboleggiato dalla villa del “grande pozzo d’acqua”, a uno, quello odierno, la cui cifra è la distruzione dell’individuo stesso.
Rizzoli editore, 2022
Maria Carolina Campone