“Dio ti punirà!” gridò Margaret White in delirio. “Io ci ho provato! Adesso me ne lavo le mani!” “Sono le parole di Pilato”, disse Carrie. Sua madre si allontanò. Un minuto dopo Carrie la vide uscire e attraversare la strada per andare al lavoro. “Mamma,” disse sottovoce, e appoggiò la fronte al vetro.
Se c’è un autore che voglio conoscere di più è Stephen King. E più leggo suoi romanzi (dopo aver letto questo sono a quota tre) più voglio conoscerlo. Perché anche Carrie mi è piaciuta un sacco, esattamente come “22/11/63” e “Cose preziose”. King non mi aveva mai ispirato perché avevo il pregiudizio del genere horror che non rientra nei miei gusti. Invece, l’horror, la paura, sono degli elementi secondari nelle storie dell’autore che ci regala soprattutto trame mozzafiato e analisi psicologiche profonde. Nel caso di “Carrie”, in particolare, a rendere tutto più affascinante è anche lo stile. A metà tra il romanzo e la cronaca, viene raccontata la storia di una strage che ci viene anticipata a piccole dosi fin dalle prime righe. Carrie è una ragazza bullizzata per il suo essere diversa dalla massa: è cresciuta con una madre bigotta che l’ha terrorizzata e estraniata dal mondo fin da quando era bambina. La protagonista però, quando entra nella pubertà, scopre di avere il potere della telecinesi. Carrie, fin da subito si intuisce, è l’assassina: eppure, King fa in modo di schierarci immediatamente dalla sua parte. Lei è il mostro, ma anche la vittima; è il male, ma anche la giustizia; l’arma, ma anche la ferita. L’autore, anche in questo romanzo, ci mette davanti alla parte più oscura dell’essere umano; siamo tutti Carrie, siamo tutti i bulli che l’hanno maltrattata per anni. La grandezza dello scrittore si vede anche in piccoli dettagli, che ci regalano perle di lettura dell’anima, e nella scena finale, degna dell’opera di un grande regista (non vi dico di più per non spoilerare esageratamente questo breve ma intenso libro). Anche voi amate Stephen King o non avete avuto ancora “il coraggio” di affrontarlo?
Alessandra Micelli