Tito ha ormai sessant’anni ed ha lasciato la gestione del pastificio di famiglia al figlio maggiore, mantenendone soltanto un controllo a distanza. Egli appartiene ad una famiglia facoltosa, è sposato, ha tre figli e diversi nipotini e una zia da accudire, ma Tito ha soprattutto un cruccio che lo accompagna da sempre: non conosce l’identità della madre.
Egli, infatti, è stato allevato dal padre e dalla sorella di lui, zia Rachele. Sa che un giorno il padre è andato a prelevarlo all’orfanotrofio insieme alla zia e che la madre è una fantomatica donna sposata di cui il padre si è follemente innamorato in gioventù. Ed è proprio per evitare lo scandalo e proteggerne l’identità in un piccolo paesino siciliano, che Tito deve ignorare le sue origini.
E in effetti, solo la parte relativa allo scandalo è vera…il resto sono solo fandonie.
Ed è quando in paese arriva Dante, figlio della governante che Rachele ha avuto da giovane, con un fascio di lettere da consegnare alla legittima proprietaria, che la verità sarà portata alla luce pian pianino.
In questa storia ritroviamo il tema dell’attaccamento alle cose materiali, le invidie tra familiari e la descrizione delle atmosfere e della mentalità dei piccoli paesi, dove la più grande preoccupazione è quella di salvare le apparenze. Ma il tema fondamentale è un altro (che non posso rivelare, così da lasciare un po’ di suspense )
Secondo me, non raggiunge lo stesso livello de “La Mennulara“, ma anche con questa storia Simonetta Agnello Hornby mi ha affascinata affrontando con delicatezza un tema inusuale e molto complesso.
Anto Spanò