“Io non penso nulla,” prese a dire, “ma io ti ho sempre voluto bene, e se ami una persona la ami tutta intera com’è, e non come tu vorresti che fosse.” Ho messo questa citazione, ma avrei potute sceglierne altre 9 o 10 in questo libro così pieno di tanto contenuto. E non mi riferisco alla mole di pagine, parlo dei significati e dei temi umani che include. È un libro che fa riflette, un libro da prendere in mano se si ha voglia di pensare. Contiene il tema religioso, di cosa significhi avere fede (si sa, Tolstoij lo ha scritto in un periodo di crisi spirituale). Contiene il tema sociale della terra, dei contadini, della servitù della gleba ormai smantellata ma non del tutto dimenticata. Contiene la questione morale della passione, del sentimento che travolge e ti mette di fronte alla domanda: seguire il cuore o la ragione? È peccato, è immorale, è sbagliato? Sì, Tolstoij condanna la scelta di Anna di seguire il suo amore alla ricerca di una vana e indefinita felicità, distruggendo la vita del marito, del figlio e dell’amante. Ma la domanda rimane, il lettore è in dubbio perché ogni personaggio viene ritratto nella sua parte più umana e più debole e quindi gli è vicino. Nonostante il titolo, sono tre le coppie protagoniste: Anna e Vronskij, che voltano le spalle alla società per seguire i propri sentimenti; Dolly e Stepan, che invece rimangono uniti per la famiglia ma lontani tra di loro; Kitty e Lévin, l’emblema della coppia perfetta che si ama profondamente. Anna Karenina, un personaggio complesso e bohemien, non è dunque l’unico centro del racconto. E non è nemmeno un’eroina senza macchia, anzi. Esagerata e irrazionale, si rende a volte il personaggio meno amato perché meno comprensibile.
Alessandra Micelli