“Contano le ragazze e i ragazzi che roteano, si lanciano in salti e piroette prodigiose, gareggiano fra loro e filano come razzi a velocità folle. Ragazze magre e slanciate, che poco importa cosa combineranno nella vita, perché nell’istante giusto dell’adolescenza sono lì: al centro della pista, nel pieno della festa, sotto i riflettori. È un istante impagabile di gloria.” Ahimè, è il primo libro di Silvia Avallone che leggo. Molto, molto, molto bello! Un romanzo ambientato a Piombino, in un contesto di degrado, in una periferia industriale, popolare, in un quartiere povero. Due ragazzine sono cresciute insieme; vicine di casa, trovano nel loro rapporto una parentesi di evasione e una certezza che il resto del loro mondo non permette. Questo ovviamente le lega fortissimamente, in un rapporto che si rivela patologico, ma non per questo meno vero. Le due protagoniste sono Anna e Francesca e nel 2001 hanno 13 anni, esattamente come me nel 2001… e in effetti ho ritrovato nel libro canzoni, marchi di scarpe e altre icone di allora, sebbene fortunatamente io sia cresciuta in un contesto migliore rispetto alle due ragazze. Altro elemento cardine della storia è l’acciaieria intorno alla quale si sviluppa il quartiere e la gente che popola la storia. Ho scoperto che quell’azienda si chiamava Ilva, il cui nome deriva da Elba. Ovviamente, è legata alla più celebre Ilva di Taranto.. Purtroppo ho comprato la mia edizione del libro da Libraccio e attaccato alla prima pagina c’era un post-it con lo spoiler del finale… vi assicuro che però la penna dell’autrice è stata comunque capace di tenermi fino all’ultimo incollata alle pagine: moderna, ma non eccessivamente anticonformista. E la bellezza di questa vicenda sta anche in un raggio di luce, nonostante il dolore. Mi piacciono le storie tragiche ma quando hanno, come in questo caso, un po’ di speranza.
Alessandra Micelli