A volte ritorno di John Niven di Giulio Einaudi editore Dio parte per una “breve” vacanza di quattrocento anni e lascia tutta la responsabilità “aziendale” in mano al proprio unico figlio Gesù. Ma come dice il buon proverbio “quando il gatto non c’è i topi ballano”, Gesù occupa il proprio tempo a suonare una Gibson con Hendrix e fumare marijuana continuamente. Dio tornato dal suo riposo ristoratore trova una situazione drammatica: due guerre mondiali, olocausto, crimini ambientali. L’uomo è alla deriva, come immediata soluzione decide di “spedire” nuovamente il proprio Figlio per sistemare la faccenda. Per chi avrà letto fin qui ciò che ho scritto avrà già capito che A volte ritorno è un romanzo sarcastico, irriverente e dissacrante. Con la sua scrittura a volte blasfema, Niven mette a nudo le nostre responsabilità. Non è assolutamente un editto teologico ma anzi un testo anticonvenzionale e anticlericale, ostenta i molteplici dogmi religiosi,e l’istituzione della stessa Chiesa viene messa in discussione. Dio non è un inquisitore, comandamenti, vizi capitali sono “inventati”, un unico obbligo divino racchiude il tutto: “Fate i bravi”. Il punto cruciale del libro è il libero arbitrio. Altri grandi scrittori in maniera più filosofica hanno dibattuto tramite le loro opere su questo tema come Saramago e Steinbeck, Niven lo fa in modo più ironico e semplicistico. La porta del Paradiso è molto più grande di quello che pensiamo, ma è difficoltoso entrarci, anche un unico apparente semplice comandamento non riusciamo a perseguirlo. In fin dei conti siamo uomini.
Antonio Martino